mercoledì 30 novembre 2005

Scusate l'interruzione

Riprendo l’ultimo, interessante Dopo Carosello di Mauro Mongarli: Riàliti, ficscion, publìsity, narrèscion, (che vi consiglio di leggere se ancora non l’avete fatto).

Il branding da anni sta colonizzando nuovi territori. Le forme alternative alla pubblicità classica (ritenuta inadeguata a intercettare consumatori sempre più competenti, sfuggenti e refrattari) si sono moltiplicate e hanno invaso capillarmente le nostre vite. Product placement, advertainment, street advertising, eventi, publicity: le formule per evitare il radar dei consumatori non conoscono frontiere.

La disseminazione sociale della marca si attua, inoltre, in ogni attività contemporanea, in ogni prodotto del sistema dei media. Non stupisce quindi che ad alcuni scrittori sia stato chiesto di inserire un brand nel racconto o nel romanzo che stanno scrivendo. O, come riporta Mongarli, che gli autori dei reality show o delle fiction televisive integrino il prodotto nella storia, magari fregandosene bellamente dei canoni di verosimiglianza narrativa.

L’appunto finale di Mongarli sulla “distorsione tra realtà, finzione, pubblicità e narrazione”, un diabolico intreccio senza possibilità di ritorno, mi rimanda al delitto perfetto di cui parla Jean Baudrillard.

La pubblicità assoluta di tutte le cose uccide la possibilità di un referente reale del mondo.
Alla fine eliminata ogni alterità non rimarrà che il mondo simulato, costruito dai media, conforme solo a se stesso. Circolare nella propria perfetta operazionalità.

Alla fine di questo percorso credo che non vedremo più né la luna né il dito che la indica.
In effetti, non saremo più capaci di uno uno sguardo difforme. Uno sguardo alto.

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