martedì 3 ottobre 2006

In pratica -Troppo vecchio per la pubblicità?



In Inghilterra, dal primo Ottobre, è in via di applicazione la Direttiva Europea per il Pari Trattamento (Pari Opportunità) nei luoghi di lavoro che colpirà i comportamenti ritenuti discriminatori anche in termini di età.

Mentre faccio fatica a immaginare come la direttiva sarà resa operativa nelle agenzie, penso che, se non altro, il problema è stato posto.

Da sempre il mercato pubblicitario (formato dalle agenzie classiche, media e digitali) è caratterizzato da una marcata “discriminazione” legata all'età che finisce per favorire i più giovani.

Diventa sempre più difficile trovare dei “matusalemme” in agenzia: creativi (e non solo) dai 40/45 anni in su, per capirci. Questa tendenza al costante ringiovanimento delle risorse umane può avere diverse spiegazioni: contenimento dei costi, disponibilità verso orari di lavoro flessibili, apertura verso le nuove tecnologie, look e immagine, cambiamenti nel management direttivo dell’agenzia, management del cliente più giovane, ecc.

Nelle parole di Steve Henry (direttore creativo TBWA Londra) la spiegazione è semplice, quasi disarmante:

“C'è una forte pressione finanziaria nel mercato. Ora puoi trovare il talento ad un salario decisamente più basso. Questa non è necessariamente una cosa buona ma è così che va.”

Le conseguenze di questa politica sono descritte in un rapporto elaborato dall'Ipa e si riassumono in una generale perdita di esperienza, saggezza e profondità di visione da parte delle agenzie.
Il risparmio sui costi finisce per incidere sulla qualità del pensiero. Insomma, le agenzie (inglesi) stanno diventando povere: povere di vita vera vissuta fuori dalle meeting room.

Spesso si dimentica che la freschezza e qualità delle idee non dipendono dall'età anagrafica ma
dalla vitalità dei neuroni. (Einstein non ha sviluppato la teoria della relatività alla veneranda età di 59 anni?)

La legge può servire da stimolo a “rivedere” certi comportamenti ma molto più può fare un cambiamento di mentalità interno.

E in Italia? La situazione delle agenzie non è dissimile: l'incertezza dei bilanci non favorisce una particolare attenzione al problema.

Link al rapporto ipa/ageism.

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