Franco ti voglio bene.
Ti voglio bene
perché hai le mani grosse come quelle di mio nonno falegname: a lui
eran venute così a forza di lottare con il legno per farlo diventare
cassettoni, letti, armadi, parquets.
A te son diventate
così a forza di lottare con delle durissime corde d’acciaio per
farle suonare, cantare e parlare a noi dei tuoi sogni.
Come non volerti
bene per la tua musica: io non so come classificarla, ma posso dire
di gustarla come sottofondo discreto a tante mie ore e, non appena a
lei mi dedico, so che l’ho subito vicina in momenti importanti di
riflessione sulla speranza di un vivere diverso, dolce e gentile,
fatto di colloqui con gli altri, e non delle solite nostre
prevaricazioni quotidiane.
Franco, non sai
quanto ammiri il tuo passo da fenicottero rosa lungo l’asfalto
grigio di corso Venezia, e i tuoi saluti, sempre con stretta di mano,
a chiunque tu vada incontrando e possa aver conosciuto anche una
volta sola, e molto superficialmente.
Tu Franco, sai
quanto siamo fragili e solo di assaggio, per corso Venezia e su
questa sporca terra, e allora tratti tutti bene, rispettandoci,
salutandoci con un sorriso, facendoci sentire importanti. Franco: sei
bislungo e magro, ed hai un viso strano, per non parlare degli
occhiali tondi e d’oro che però non ti sono sufficienti a
nascondere il tuo guardare leggero che sa farsi, improvvisamente,
profondo: per poi tornare leggero e salire, salire su, fino allo
scherzo, di solito molto, molto profondo.
Grandi cose le tue
indignazioni, sincere e violente: tu non vuoi ammettere i furbi, gli
arroganti e i politicanti, i traditori d’ideali ed i venditori di
pelli d’orsi mai catturati.
Grande è anche la
tua rassegnazione ai tempi che ci tocca vivere, e forte la tua
nostalgia d’altri tempi quando, forse, tutti eran più veri, perché
costretti dall’indigenza e dalla povertà, e non si affogavano, in
bignè alla crema, i valori e la solidarietà.
A queste tue
violenze ed a queste tue tristezze va la mia più profonda invidia:
non sono capace d’imitarti fino in fondo. Franco amo in te
l’esempio morale e la barzelletta stupida, i convenevoli telefonici
che non finiscono mai e l’instancabile lavoro per insegnare una
passione chiamata jazz. Amo in te la ritrosia, e l’amore per il
purè, l’aver fatto pubblicità senza vender l’anima, e la
generosità di chi non s’aspetta dei grazie.
Franco, vuoi fuggire
con me?
Gigi Barcella
Se fuggo con Gigi
Barcella, è ovvio che vieni anche tu, caro Massimo Ferrandi, art
director del mio disco. (F.C.)
Franco Cerri di Jazz
in Jazz 1945 – 1990 Dire FO 501 CD
Gigi Barcella,
copywriter. Massimo Ferrandi,
art director.