Secondo l'antropologo Marc Augé, il “non luogo” si differenzia dal luogo per non essere identitario, relazionale e storico. Il non luogo sembrerebbe dunque la location ideale (predestinata) per la comunicazione pubblicitaria, sempre in cerca di nuovi canali, veicoli e strumenti per incrociare il pubblico.
Purtroppo gli effetti di sovrapposizione tra il non luogo e la pubblicità possono diventare insopportabili. Come ampiamente dimostra questo articolo di PingMag (link grazie a luca de biase), relativo alle stazioni ferroviarie di Tokio.
Penso che non sia interesse né del pubblicitario né dell'inserzionista annegare il consumatore. Perché alla fine i messaggi si elidono e tutto diventa una marmellata indistinguibile (gli anglosassoni parlano di urban spam).
Per loro natura, queste nuove forme ambientali e guerrigliere di fare pubblicità tendono a essere invasive. Ciò che consideriamo cool e originale deve sempre necessariamente trovare un limite nel rispetto per le persone (che hanno il sacrosanto diritto di non essere importunate).
Alcuni link: stay free, russell davies, pskf, urban spam, the fruits of imagination, kapitaal.
Sopra, un bell'esempio di pissvertising. Da snake coffee.
1 commento:
Sono assolutamente d'accordo per quanto riguarda l'urban spam.
Vorrei esprimere un parere sul legame tra pubblicità e "non luogo".
Se da un lato è innegabile che i non-luoghi, vedendo al loro interno l'avvicendarsi di una quantità enorme di persone, non possono non interessare la pubblicità, dall'altro credo anche che siano i luoghi antropologici (sempre secondo l'accezione di Augè, gli spazi in cui le persone abitano, vivono, si aggregano) quelli che offrono le maggiori possibilità alla pubblicità di entrare in contatto con le persone.
Ciò naturalmente non scongiura il pericolo spam, anzi...
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