Da qualche anno le imprese italiane di telefonia, fissa mobile terrestre satellitare interstellare, sono affette da una sindrome ossessiva: il testimonial. Visto che c’è poco da dire (niente che differenzi dai competitor) meglio farlo dire da personaggi che hanno una non dubbia notorietà. Ma non è l’inflazione da testimonial la malacia. Mi ha colpito soprattutto la schizofrenia del linguaggio.
Da una parte c’è la telefonia quotidiana, superficiale, usa e getta. Quella à la Fiorello che butta le parole nei tombini o nelle fontane; quella alla Megan Gail che in un ridicolo eccesso di onnipotenza ferma addirittura lo scorrere del tempo; quella insulsa alla "se mi prendi ti sposo"; quella della ritrovata unione tra padri e figli, Amendola senior e Amendola junior -per esempio, bloccati nell’ ascensore a guardare il Grande Fratello (una tortura degna di Pol Pot). Episodi pubblicitari che non meritano né plausi né botte.
Ma che mi inducono ad un confronto con l’altra telefonia. Quella che pretende di esprimere valori alti, ideali umanitari di solidarietà planetaria.
Mi riferisco allo spot girato da Spike Lee per Telecom Italia con il Mahatma Gandhi come testimonial. Si vede Gandhi negli anni ’30 ipnotizzare le folle da maxischermi, video telefoni, cellulari smsmmsumts ecc. Gandhi: testimonial di pace in tempo di guerra. "Se avesse potuto comunicare così, oggi che mondo sarebbe?" Domanda retorica. Se Gandhi avesse potuto comunicare il proprio messaggio di pace attraverso gli apparati tecnici della telefonia attuale, il mondo oggi sarebbe pacifico e pacificato, tollerante e tollerabile, solidale e buono. Ovvio. Forse. Mah. A parte che mi viene in mente quel claim simpatico: "Che mondo sarebbe senza nutella?", non posso non pensare che insieme a Gandhi, sul brulicante palcoscenico della pubblicità telefonica italiana, ci sono Fiorello e la Megan, gli Amendolas e i Semiprenditisposo. Per non parlare della guerra che si combatte a suon di tariffe e di features di prodotto: un contesto dove al massimo al massimo si può aspirare a una tregua, non certamente alla non violenza gandhiana.
Ha ragione Davide Borrelli quando parla di "bisociazione comica" a proposito della creatività del linguaggio pubblicitario. Semplificando, è l’effetto comico della montagna che partorisce il topolino. Il destino cui si auto-condanna certa pubblicità televisiva è produrre "la bisociazione tra ‘montagna’ retorico-narrativa e ‘topolino’ merceologico", ciò che costituisce "il peculiare genotipo del ‘comico della pubblicità’". Insomma, attenti alle auto-celebrazioni e ai riferimenti alti. Attenti a scomodare i santi, religiosi o laici che siano. Questi "materiali" vanno maneggiati con estrema cautela. Non basta la mano felice di un bravo regista ad evitare le secche della bisociazione. Perché la realtà merceologica, alla fine, è quella che è.
Rif. biblio
Il comico della pubblicità, Davide Borrelli, Edizioni Lavoro, Roma 1995.
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