Le Olimpiadi come macchina per produrre segni, come territorio ad altissima intensità di branding. Tutti gli eventi sportivi diventano eventi comunicativi grazie alla copertura mediatica. Tutto si concentra in pochi giorni di esposizione, tutto si brucia in un intervallo breve come un flight pubblicitario.
Un’abnorme produzione segnica: dal logo alle mascottes e all’iper marchiatura della città e delle persone coinvolte, dal micro merchandising alla mega celebrazione architettonica, dalla ridefinizione dei percorsi stradali con la creazione di una corsia preferenziale olimpica agli innumerevoli eventi di contorno. Torino olimpica si sovrappone alla Torino di sempre: in coda per il tradizionale Bicerin, in coda al The Olympic Store.
Quello che traspare in quest’orgia olimpica è proprio l’imminente oblio finale: è, per me, la cronaca di una morte annunciata del segno: la prossima museificazione della semiosfera olimpica. Perché, allora, non aprire un Museo Olimpico Torino 2006 accanto al famoso Museo Egizio?
In rete ho trovato:
un articolo del Sun Sentinel che descrive il destino delle mascottes olimpiche (link grazie a adblog) e un paio di musei dei segni olimpici: adlaver e un memorabilia per appassionati collezionisti.
1 commento:
...esageroma nén :o)
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