Vi segnalo un’iniziativa della rivista Nigrizia e della Banca Etica: il marchio per identificare la Pubblicità Etica. Nato da un’esigenza editoriale interna, il progetto potrebbe estendersi ad altre riviste ed editori. Il condizionale è d’obbligo perché in materia di etica il sistema pubblicitario (agenzie, clienti, concessionarie, editori/mezzi) pur aderendo ai princìpi sovente tollera comportamenti divergenti.
Il decalogo di Nigrizia va ad aggiungersi agli altri strumenti vigenti in materia di disciplina della comunicazione pubblicitaria (vedi IAP e Leggi dello Stato). Il corpus, insomma, c’è ed è congruo.
Come creativo pubblicitario mi rammarico del fatto che sia ancora una volta “qualcun altro” a chiedere maggiore sensibilità etica e rispetto per le persone. Credo invece che questa sensibilità possa essere “insegnata” nelle scuole di pubblicità ma possa anche entrare a far parte della “cultura” delle agenzie, spesso, troppo impegnate nel durissimo business quotidiano.
Chissà perché mi vengono in mente le campagne realizzate da Bill Bernbach (nel periodo aureo della DDB) o da Scali McCabe Sloves. Erano comunicazioni rilevanti, argute, caratterizzate da una grafica rigorosa e da una certa dose di humor. Messaggi aperti e rispettosi dell’intelligenza altrui. Straordinari esempi di pubblicità etica.
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