mercoledì 8 settembre 2021

L'ultimo salto di Nino Castelnuovo (Olio 💗)

 

Per me la svolta fu il successo del lancio di Olio Cuore, contro la sua pretesa di risuscitare Olio Topazio. Eppure in fondo l’idea vincente fu sua, discutendone per stroncare il mio piano. Disse: «Cuore non si venderà mai su vasta scala, costa il doppio degli altri!». E io: «Ottimo, mi hai dato la risposta!». Già, perché quel prodotto –che aveva il nome più bello del mondo – era un olio ideale per chi, avendo problemi cardiocircolatori, aveva bisogno di una dieta leggerissima. Chiari però l’aveva posizionato, in termini di marketing, troppo in alto, facendone veramente un olio per malati, un parafarmaco. Era normale che vendesse poco: era anche caro. Oltretutto, lo scandalo dell’olio di colza faceva sì che molti associassero a qualcosa di pericoloso qualsiasi olio di semi. Eppure io continuavo a credere alle potenzialità di Cuore, il problema era riposizionarlo. Con la pubblicità, naturalmente. Come fare? Chiamai la Young & Rubicam e diedi loro il classico briefing sulla campagna pubblicitaria: «Voglio la rappresentazione di una famiglia con marito, moglie – entrambi giovani e belli – con due bambini e un cane, sì: anche un cane. Me li immagino che corrono allegri su una spiaggia o fanno qualche altra attività fisica dinamica e sportiva, poi arrivano felici e sorridenti a tavola e dicono: “Be’, un po’ di ginnastica, un po’ di aria pulita, un po’ di serenità e a tavola Olio Cuore per mantenersi in forma”».

Fu un successo pazzesco. Gran parte del merito, oltre al concept, spettò al testimonial, che indovinammo al 100%. Io credo molto nell’importanza del testimonial, non ho mai lanciato un prodotto senza questa figura, è una grande scorciatoia. Avvicinai la gente al prodotto con la credibilità e la simpatia del suo testimonial, che non ha che fare con gli attuali influencer del web: quelli fanno recensioni, parlano al razionale. Il testimonial puro deve emozionare. Cominciammo a cercare e facemmo alcuni tentativi inutili, finché puntammo su Nino Castelnuovo, un attore che in quegli anni era entrato nel cuore degli italiani, perché aveva interpretato Renzo Tramaglino dei Promessi sposi televisivi di Sandro Bolchi. Definiamo una scena, che comprende il famoso salto della staccionata, con Nino che arriva a tavola, si siede e dice: «E a tavola Olio Cuore, mangiar bene per sentirsi in forma».

Non lo sapevamo, ma stavamo creando un pezzo dell’immaginario collettivo degli italiani. Ci fu una grande discussione con la RAI, che doveva sottoporre tutti gli spot alla censura della SACIS, diretta da Zanacchi, il quale esercitava il controllo preventivo su tutte le pubblicità televisive. La stessa censura che aveva portato all’iniziale divieto della pubblicità del cibo per cani. Nel caso dell’Olio Cuore, il grande dubbio con la RAI era se l’attore, questa frase, dovesse proferirla prima di andare a tavola o dopo. Perché, se l’avesse detta dopo, Nino Castelnuovo avrebbe dimostrato che era stato l’Olio Cuore a farlo saltare così bene, con un rapporto causa-effetto molto diretto e suggestionante… Questioni di lana caprina. Sistemammo la faccenda discutendone insistentemente e mandammo in onda lo spot che volevamo noi… Che ebbe, ripeto, un successo pazzesco. L’Olio Cuore cominciò a viaggiare su numerimolto alti, la società uscì dalle grane e in un paio d’anni sistemammo tutti i problemi pregressi, passando dai 300.000 litri di prima a 38 milioni, cento volte tanto. Era come aver trovato un pozzo di petrolio in giardino.

 

Da: Uno spot ci salverà, come e perché la pubblicità ha cambiato (e cambierà) la storia economica italiana, Giulio Malgara con Sergio Luciano, Piemme 2020.


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